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Non chiedermi “testi accattivanti”.  O almeno non prima di aver parlato di strategia

Non chiedermi “testi accattivanti”. O almeno non prima di aver parlato di strategia

Cliente: “Salve! Vorrei avere dei testi accattivanti, per favore.”
Copywriter: “Ma certo! Quanti gliene servono? Un etto?”
Cliente: “Faccia pure un etto e mezzo: meglio abbondare, per essere sicuri.”

Questo dialogo di fantasia riflette in parte quello che spesso mi accade quando mi vengono fornite le indicazioni per scrivere dei testi. Negli ultimi anni mi sono sentita chiedere sempre di più “testi accattivanti”.
Ecco, ho come l’impressione che questa accoppiata sostantivo+aggettivo sia sempre più utilizzata e che, addirittura, sia ormai scontata e soprattutto abusata.

Di queste coppie di parole scontate ne parla anche Luisa Carrada nel suo libro Paroline & paroloni. È un libro che parla proprio della scelta delle parole e Luisa mette in guardia dall’uso di queste “accoppiate logore e scontate” suggerendo la ricerca di aggettivi più vividi.
Alcuni esempi di Luisa sono “meta ideale”, “interfaccia intuitiva” e a questi io aggiungo quello che mi fa più rabbrividire: “azienda giovane e dinamica”.

Ma torniamo ai nostri “testi accattivanti”. Credo che questa coppia possa ormai rientrare nella lista sopra. Perché? Semplice: mi sembra una frase fatta, un modo per classificare una categoria di testi che però non possono essere la soluzione perfetta per tutti.

Vediamo velocemente il significato dell’aggettivo “accattivante”.
Il dizionario Il Nuovo De Mauro riporta: “che affascina, che procura o mira a suscitare approvazione o simpatia”
Il dizionario Lo Zingarelli 2019 scrive: “che conquista il favore, la benevolenza, la simpatia e sim. degli altri”
Fin qui potremmo dire che i testi accattivanti sono quelli che conquistano simpatia con il loro fascino. Diamo un’occhiata all’etimologia (che studia le parole a partire dalla loro origine).
Il progetto Una parola al giorno, che seguo ormai da anni, ha analizzato questo aggettivo:
“Significato di accattivante: attraente, che suscita interesse e simpatia.
Etimologia: composto di a che indica avvicinamento e cattivare, che deriva dal latino captivare fare prigioniero, da captivus prigioniero”.

È curiosa l’etimologia, anche se non mi sorprende. A differenza di altri sinonimi, “accattivante” presuppone un’intenzione. Si è accattivanti perché si vuole esserlo. Del resto, come spiega anche la definizione di Una parola al giorno, “non si fanno prigionieri involontariamente. Non è un carattere casuale; può essere spontaneo ma è comunque sostenuto da una volontà”.

Ancora una volta, dunque, dobbiamo tornare alla domanda primaria da porci quando vogliamo scrivere un testo, che sia uno slogan, un post su Facebook o la pagina “chi siamo” del sito web:
Qual è lo scopo di questo testo?
Questa domanda dovrebbe essere seguita da altre due:
Chi è il mio pubblico?
Qual è il mio tono di voce? (che semplificando moltissimo potrebbe anche essere: chi sono e cosa voglio ottenere con la mia comunicazione?)
Rispondendo a queste domande potremmo fare una scoperta interessante. I nostri testi potrebbero non dover essere per forza “accattivanti”. Potrebbe bastare un “simpatici” oppure potrebbero essere addirittura “ammalianti”. O ancora, nessuno di questi.

Questa riflessione dunque mi serve da spunto per ricordare che ogni testo deve nascere da obiettivi chiari e da un’analisi scrupolosa. Ogni testo deve tenere conto del motivo per cui lo stiamo scrivendo, di chi lo leggerà e di chi siamo noi come azienda/organizzazione/persona.

Con questo non voglio dire che tu debba cercare sul dizionario l’etimologia di una parola prima di chiedermi di scrivere un testo. Voglio solo ricordarti che le tre domande sopra sono imprescindibili. Senza di queste ci imbarcheremmo in una comunicazione un tanto al chilo – non a caso ho creato un esempio con gli “etti”.
Dunque facciamocele queste domande. E solo dopo aver trovato le risposte potremo decidere se i testi dovranno essere accattivanti, intriganti o seducenti.

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